Moving House
2014 Modica kaos spazio d’arte

Senza titolo, tempera su carta, cm 29,7x 21 (ciascuna), cornici dipinte, 2014

Senza titolo, legni assemblati, poliedro in plastica, dimensioni varie

Veduta parziale dell’allestimento, con rivestimento a pavimento (mosaico di scatole di cartone), dimensioni ambiente, 2014

Moving house, tecnica mista su carta, cm 200×140, 2014

Senza titolo, olio su tela, cm 20×30, (ciascuna) 2014

Moving house, box in plexiglass con gusci di chiocciole saturi di plastilina colorata, poliedri in plastica, rame, dimensioni varie, 2014
“Nei miei occhi avevo impresso tutte le cose raccolte, toccate e vissute fino a
quel momento. Per ognuna di queste avrei potuto descriverne ogni dettaglio,
proiettarne un’immagine minuziosissima: dal colore alla forma, dal materiale
alla qualità tattile, fino ad intenderne il peso. Mi figuravo in testa un
elenco preciso, una fotografia puntuale di quanto le stanze, i mobili e i muri
avessero custodito nel tempo, senza scansare l’inevitabile processo di
trasformazione al quale ogni cosa è destinata.
Il giorno del trasloco sembrava lontano, solo l’accumulo disparato di scatole
di cartone, raccattate durante le abituali passeggiate per le vie della città,
mi suggeriva la direzione del cambiamento. Arriva sempre il momento in cui le
cose prendono ordine, il proprio ordine, collocandosi in una prospettiva di
senso che non avremmo mai immaginato, così da restituire nuove parole e lasciti
emozionali a storie capaci di stimolare altri pensieri. Su questo tema chiunque
potrebbe raccontare la propria storia, a partire dagli spazi che ha abitato,
dalle città che ha attraversato, dagli oggetti che ha usato e via di questo
passo: questione affascinante, che nel tempo non ha mancato di accendere alcune
delle mie ossessioni.
Mi piace paragonare questa esperienza ad un luogo in cui si è compiuta una
metamorfosi, quel fenomeno in grado di tenerci sospesi, spaesando ogni punto di
riferimento. È come se ridisegnassimo i confini del mondo.
Ho pensato più volte al potenziale espressivo vissuto in quei giorni: ai gesti
compiuti, alle visioni avute, finanche agli odori sentiti, con dinamiche che,
per un processo di traduzione e sublimazione, avrebbero potuto abbracciare la
lingua infuocata dell’arte.
Di recente, durante l’ultimo mio ritorno in Sicilia, tra le carte
ammonticchiate del mio studio (1), m’è capitato casualmente di maneggiare un
piccolo ritaglio fotografico, estratto dalla pagina di un vecchio quotidiano.
Si tratta dell’immagine di un uomo intento a spingere il suo risciò,
straordinariamente carico di scarti d’imballaggio, lungo una strada di Nuova
Delhi. Di primo acchito, le forme che vi ho letto mi hanno rimandato ad una
sorta di nuvola artificiale, smisurata e sfaccettata, costituita da incastri
geometrici tenuti assieme dal giro stretto di alcune corde. Alla luce di questo
ritrovamento ho subito percepito, per un gioco d’associazioni, una energia
inedita, di rappresentazione fuori dall’ordinario, aliena alle logiche
consolidate di certa quotidianità. Tuttavia, non è azzardato riscontrarvi una
puntuale analogia con alcune singolari moto-Api stracariche di cassette
alimentari, o di altri oggetti, visibili per esempio per le strade di Palermo
(2), o al mercato di piazza Carlo Alberto a Catania.
È così che ho immaginato questo nuovo progetto espositivo, cucito per lo
spazio Kaos, fatto di esperienze eterogenee, simboliche, assieme al vissuto
personale, nel tentativo di ridefinire una possibile sintassi visiva in grado
di chiarire ciò che il tempo produce e disperde, nel pasto inesorabile
dell’esistenza.”
Giovanni Blanco
1 Meriterebbe fare una piccola riflessione sul luogo della creazione, per
definizione sempre in trasformazione, dinamico ed elastico come lo scorrere
mutevole dell’acqua.
2 Del frammento fotografico sopraccitato, a mio avviso, vi è lo stesso
nutrimento visivo al quale l’immaginario del giovane pittore palermitano Andrea
Di Marco, scomparso qualche anno fa, ci ha abituato. Non casuale è la scultura
che gli hanno dedicato, e che egli avrebbe voluto realizzare personalmente:
un’Ape carica di cassette di legno, tutta bianca, dalle dimensioni reali,
ubicata nel porto di Palermo.