Miracolo, è morta!
2013 Bologna blu gallery

A ciò che muta e sorprende

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Vedute dell’esposizione “Miracolo, è morta!”, Blu gallery

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Tappeto "Miracolo, è morta!", veduta dell'istallazione, trucioli e sezioni di foglie di palma Washington, H 200 x L 141 x P 4 cm 2013.

Installazione “Miracolo, è morta!”, trucioli e sezioni di foglie di palma Washington, 200 x 141 x 5 cm 2013

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Rhynchophorus ferrugineus

 

Miracolo, è morta!

Il progetto “Miracolo, è morta!” di Giovanni Blanco nasce dalla visione diretta di una palma accasciata brutalmente a terra: l’ennesima divorata in questi ultimi anni dall’insetto killer, punteruolo rosso (Rhynchophorus ferrugineus), in Sicilia e in altri paesi del Mediterraneo. L’artista ci racconta di un incontro avuto col corpo vegetale sfinito, imprevisto e brutale, durante una passeggiata mattutina nei giardini pubblici del proprio paese d’origine, a Rosolini. Da questa emblematica visione, Blanco parte facendo una riflessione sul concetto di “perdita dello sguardo verticale”, inteso come impedimento del principio di sublimazione delle prospettive culturali. Egli, tuttavia, muovendosi sul piano critico dell’estetica, sembra ci consegni un paradosso linguistico capace di innescare una nuova forma di “conquista dell’orizzontalità”, in dialettica con la storia antica delle rovine, del frammento arcadico, e con l’aspetto transeunte delle cose. Pertanto, questa reliquia vegetale può essere associata al cippo mozzo di una colonna di un antico tempio pagano, o alle macerie di una cittadina distrutta da una catastrofe naturale, qui sentita come una via d’uscita dal gravame cronachistico, facendosi ossessione e riflessione al contempo. Per questa mostra sono state concepite dodici opere pittoriche di formato piccolo (formato standard dell’A4), proposte come immagini-frame consequenziali, scandagliate in una visione panoramica e circolare, capace di dispiegarci un’inedita complessità della realtà. Nel rinvenuto corpo a corpo con il soggetto trattato, l’artista ci invita a leggere questo dettato iconografico non più come uno sbarramento percettivo al fluire di un ordine armonico precostituito, ma a rifondarlo come un dato necessario e riscattante della poesia, affinché si recuperino altre coordinate di senso strettamente legate alla percezione del mondo, fungendo così da metafora del tempo sempre in divenire. Il titolo della mostra nasce come risposta libera e ironica a tutto il processo di “ri-elaborazione del lutto”, sottolineato da un intervento a pavimento che consiste nella tracciatura di un rettangolo di grandi dimensioni, proporzionato al formato dei dipinti, saturo di trucioli e scaglie ottenuti dalla macinazione di ciò che rimane della stessa palma. Ecco avvenuto il cambiamento di stato della materia, in un sistema semantico di presenza-memoria-precipitato, indice di una raffinata tautologia che sa farsi trasfigurazione ulteriore della natura in tutte le sue declinazioni di vita, morte e rinascita.

 

Miracle, it’s dead!

The project Miracle, it’s dead! by Giovanni Blanco, stems from the direct vision of a palm tree, brutally slumped to the ground: one of the many devoured by the killer insect, the Red Weevil (Rhynchophorus ferrugineus), in the past few years in Sicily and in other Mediterranean countries.
The artist recounts an unexpected and brutal encounter with the exhausted body of the plant, during a morning walk in the public gardens of his hometown, Rosolini, on the eastern coast of Sicily. Starting from this symbolic vision, Blanco introduces the concept of the loss of vertical vision, seen as an impediment to the sublimation principle of cultural perspectives.
However, moving across aesthetics’ critical grounds, the artist seems to convey a linguistic paradox able to trigger a new form of conquering horizontality, related to both the ancient history of ruins and Arcadian fragment, and to transient things.
This vegetal relic may therefore be associated with the stump of a column of an ancient pagan temple, or the ruins of a city destroyed by a natural disaster, here felt as a way out of the burden of chronicles. It becomes an obsession and a reflection at the same time.
Twelve small paintings (in a standard A4 size) were conceived for this art exhibition. They are presented as consequential frames, fathomed under a panoramic and circular view able to unfold an unprecedented complex reality.
In the grapple with the dealt subject, the artist invites us not to read this iconographic dictation as a perceptual barrier to the flow of a preconceived harmonic order of things, but rather to refound it as a necessary and redeeming element of poetry. This is to recover those coordinates of meaning strictly linked to the perception of the world, thus acting as a metaphor for the constantly changing times.
The title of the exhibition originated as an open and ironic response to the whole process of grief processing, marked by an installation consisting of a large rectangle traced onto the floor, proportioned to the size of the paintings. This area is covered with the wood chips and shavings obtained from the milling of the remains of the palm tree. Here is the change of the states of matter, in a semantic system of presence-memory-precipitated, indicating a refined tautology that knows how to turn into another transfiguration of nature in all its forms of life, death and rebirth.