Le cose mosse dallo stesso vento
2019 Siracusa galleria quadrifoglio

Scimmia pittore – tavolozza (1° tentativo fallito), cm 80×70, su zampe di legno e pongo, 2018-19

Tre birilli da clown

Cartolina, Famiglia di acrobati con scimmia, P. Picasso, 1905

Pittore, olio su tela, cm 80×120, 2019

Collezionista, olio su tela, cm 120×80, 2018

Le cose mosse dallo stesso vento (Quadreria), dimensioni variabili, idropittura rosso pompeiano su muro, 2013-2018

Ritratto di Darwin, pastello su carta, cm 40×25, 2018

 

Le cose mosse dallo stesso vento

A terra, sulla parete d’ingresso della galleria, è appoggiata su due zampe leonine di legno la rappresentazione di una scimmia che tiene un pennello.
Ci è dato sospettare che l’animale sia intento ad osservare dei segni appena tracciati su una tela che non vediamo, immaginata oltre i limiti della superficie pittorica.
Si tratterà di una foresta per raccontare con una metafora il senso dell’arte, o cos’altro?
In basso, stretta tra le sue zampe, troviamo la tavolozza gravida di tinte mescolate alla vernice, la stessa che Blanco successivamente ha messo in scena sul dipinto, configurando così una tautologia.
L’immagine descritta ricorda una vecchia cartolina degradata dal tempo, a tratti sbiadita e piena di lacune, ritrovata forse nel cassetto di un mobile dimenticato in soffitta: “un dipinto disarmato – ci dice l’artista -, sottratto alla forza persuasiva dell’opera compiuta”.
A fianco tre birilli da giocoliere, strumenti che Blanco mette in relazione con la riproduzione a colori del dipinto di Picasso, La famiglia dell’acrobata, – un vero e proprio dichiarato omaggio al pittore spagnolo – sottolineano concettualmente il confine sottile che c’è tra il senso dell’intrattenimento, dello spettacolo, e quello dell’espressione poetica, comparando in un’unica visione le virtù di chi manipola con destrezza tali oggetti con chi trasfigura in forme significanti i materiali della pittura.
E’ la parodia dell’artista, entrata da tempo nell’immaginario collettivo come una figura eccentrica, fuori dagli schemi ordinari e, in quanto incarnata in una scimmia, persino stupida, come recita un vecchio proverbio francese.
Sulla parete di fronte, appesa al muro, un’altra raffigurazione della scimmia pittrice conquista questa volta lo statuto di opera, mettendosi in dialogo e in contrasto con quella sopra descritta.
Entrambe le opere introducono il visitatore nella mostra e sembrano dichiararci il duplice senso del fallimento e della conquista da parte del pittore nei confronti delle idee e della realtà.
Blanco ci dice che “la pittura insegna a guardare in maniera paradossale, così feconda e misteriosa che sembra destinata a bruciare e a rigenerarsi”; e ancora, “che lo sguardo attento sul mondo e il fare dell’arte si pongono nella vita di un uomo come esercizio di riscatto nei confronti dell’esistenza, perché le due cose sono mosse dallo stesso vento”.
Proseguendo il percorso della mostra, collocata sulla parete di fronte, vediamo un’altra rappresentazione della scimmia impegnata questa volta ad osservare un oggetto che non ci è dato sapere, forse un gioiello o una moneta rara, qualcosa che rimane per noi difficile da decifrare. Si tratta della figura del collezionista, complementare a quella dell’artista, davanti alle opere della propria collezione.
Chiude la mostra una raccolta traboccante di opere e di bozzetti mai esposti prima, un accumulo decennale stagliato su un fondo rosso pompeiano,”il rosso più bello della storia dell’arte” – dichiara l’artista -, imponendosi nella forma storica della quadreria: una collezione personale dissonante eppure organica, articolata da una successione di immagini che, in un primo momento, genera nello sguardo del fruitore caos e spaesamento, ma anche meraviglia.
“E’ la pittura e il tempo che si fanno luogo e spazio, una tempesta di pluralità capace di condensare sentimenti e memorie vicini e distanti: una messa in scena di ciò che il mio studio ha conservato e difeso silenziosamente per anni”.
Tra le opere che compongono la quadreria troviamo non casuale, e certamente carico di ironia, il piccolo ritratto a pastello di Charles Darwin, padre della teoria dell’evoluzione. L’immagine si presenta quasi fantasmatica, come fosse un’emanazione, disturbata da dei segni istintivi e inconsulti che, a primo acchito, rimandano agli scarabocchi dei bambini, o al gesto sovversivo di un vandalo. Questi segni ci inducono a fare un collegamento ulteriore molto preciso: ovvero, a sospettare che la loro indisciplinata presenza sul ritratto possa essere stata dipesa dall’intervento di un animale, di una scimmia per l’appunto, offrendo così al nostro sguardo un’ulteriore apertura alla lettura del percorso espositivo.
C’è da parte di Blanco il tentativo di rendere concreta la sua “voce plurale” in una visione unica o, viceversa, tante visioni in un’unica voce. Egli insegue opere che si sottraggono ad una cifra stilistica definita, dettate da principi e dinamiche che vengono attraversati dal medesimo sentimento di ricerca, per far risuonare meglio una lingua – la lingua della pittura – nel corpo vibrante della realtà.
Le cose mosse dallo stesso vento è un’esposizione che vuole ricordare con atteggiamento critico ciò che nei secoli scorsi alcuni pittori – su tutti Chardin – hanno espresso liberamente contro la cultura e le abitudini di certa borghesia e aristocrazia e, allo stesso tempo, tenta di riflettere sul ruolo che ancora oggi il pittore ricopre nella società.
Così, tra parodie e finzioni, presentazione e rappresentazione, ci si addentra in un ragionamento complesso che sta alla base della creazione e della fruizione, del tempo e della memoria, dei luoghi e delle persone, attraverso i quali ogni opera d’arte è portata a mantenere forse una promessa.